
Fonte: enteroclisma.blogspot.com
E’ importante essere guidati da una giusta Stella. Soprattutto oggi.
Ormai è ufficiale, il povero Giavazzi, ormai raggiunto il suo obiettivo, non riusciva proprio ad occuparsi dell’università tutte le settimane. Allora tocca al buon Gian Antonio Stella, che è un professionista del ramo, occuparsi di denigrare qualsiasi cosa passi sopra il liceo classico, ma anche lui non ci riesce regolarmente.
Lui non è (ancora) professore, ma come il professore della Bocconi non sbaglia mai. Se volete arrivare a destinazione potete seguirlo senza dubbio alcuno.
Nel suo articolo dell’11 dicembre 2008 torna a sparare numeri alti (di Atenei) con numeri bassi (di iscritti). Avete ragione, ce ne occupiamo tardi, siamo tanto più occupati di Giavazzi…, in più usiamo il post di qualcun altro. Un vecchio amico dei “Ricercatori precari”.
Infatti, stavo cercando di trovare un momento per verificare anche questa nuova marea di informazioni/deformazioni, quando ho letto il post sull’argomento di Gennaro Carotenuto. Giustamente fa notare, dando per buone le cifre del duo Mariastella-Stella, che il problema non è nell’effetto – il proliferare di sedi decentrate della dubbia utilità – quanto nella causa. Perché è successo? Chi l’ha voluto? Chi non ha controllato?
Siamo così abituati a non tornare indietro con la memoria, a non vedere puniti i responsabili degli errori, a non avere liberi giornalisti d’inchiesta, a non rileggere le previsioni e gli auspici degli editorialisti, a non chiedere il conto a chi governa che quasi ci sfuggiva. Chi ha voluto e permesso questo dilagare di università e sedi sono proprio quelli che ora la criticano!
Confindustria, il Corriere della sera, i governi passati, i giornali/editorialisti che li appoggiavano, … Come scrive Gennaro:
Le sedi periferiche, Stella si esercita nell’estetica del trovare i casi limite, corsi di laurea con un solo iscritto o in paesi che hanno la colpa di non stare in provincia di Vicenza, non le hanno volute le Università, le ha volute la Confindustria.
Questa, meno di dieci anni fa, teorizzava che fossero necessarie almeno 200 università (ovvero raddoppiarle, sempre con soldi pubblici ovviamente) perché l’Università doveva espandersi nel territorio. Lo hanno imposto, facendo sprecare miliardi alle università, non ha funzionato e adesso si nascondono e danno la colpa all’Università pubblica.
Sono le amministrazioni ma soprattutto le banche e le Confindustrie locali, che cavalcando l’autonomia universitaria hanno offerto sedi in collocazioni improbabili, dettando corsi assurdi secondo l’ideologia per la quale le Università servivano solo a preparare tecnici collegati all’impresa e al territorio.
A voler attuare un po’ di metodo scientifico occorrerebbe valutare le proposte passate e le politiche future nel metro dei risultati, delle conseguenze. Allora forse si scoprirebbe che il proliferare dei corsi di laurea, l’eccesso di Atenei e sedi distaccate (e quindi di precarietà) sono spesso frutto del binomio autonomia & 3+2. Quella miscela tutta neoliberista nell’ideologia e tutta italiana nell’applicazione propugnata per anni da quelli che ora ne lamentano (implicitamente) il fallimento:
La verità è che le Università pubbliche hanno onorato gli impegni anche nelle sedi periferiche, mentre i privati, le Confindustrie, le banche, non lo hanno fatto. E adesso che ci hanno ripensato, che c’è crisi, che l’utopia dei corsi di Laurea in «Etologia degli Animali d’Affezione» non hanno funzionato, adesso che tutti hanno capito quello che l’Università sapeva da sempre, ovvero che quella dell’Università diffusa sul territorio era una balla, cercano di fare lo scaricabarile. E uno Stella disponibile si trova sempre.
Allora sarebbe bello ricordare e verificare. Cercare i vecchi editoriali del corsera, i decreti della Moratti, i documenti di Confindustria: tanto per presentare il conto. Sarebbe bello averne il tempo o che, una volta tanto, i commenti servissero a questo. Ma è solo l’auspicio per la befana o, magari, un’annunciazione:
le sedi decentrate le hanno volute confindustria e banche?
ok.
ma le università hanno accettato?
si sono opposte?
quando vogliono le università, studenti e professori sanno farsi sentire.
in questo caso non ricordo proteste sul decentramento.
seconda questione: ora chi sono i più strenui difensori delle sedi distaccate?
Qualcuno ha novità sui requisiti della Gelmini?
Guarda, caro DOMICS, che nessuno qui sta dicendo che le universita’ non le hanno volute o le han fatte.
Il punto e’ che chi ora le attacca SONO GLI STESSI che le auspicavano (o come minimo che non hanno criticato quando si facevano o si approvavano le norme che le permettevano e incoraggiavano).
Ora pare non le difenda piu’ nessuno. Allora vediamole caso per caso.
Chi le ha fatte? Con quali fondi? Secondo quali regole? sottoposto a quali pressioni (politiche(finanziarie/organizzative)? Con quali risultati?
Questo mi pare un ragionamento da ricercatori (anche se precari)…
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000849.html
…a proposito di Stella. Vi segnalo “Sul concorso vinto all’università dalla figlia del Presidente del Consiglio Universitario Nazionale”: http://occhichesannoguardare.myblog.it/archive/2009/01/08/sul-concorso-vinto-all-universita-dalla-figlia-del-president.html#more
Segnalo l’articolo di oggi sul Sole 24 ore a proposito della spesa pubblica italiana (si trova ad esempio sulla rassegna stampa del Senato), che dimostra che tolti gli interessi la spesa pubblica italiana e’ piu’ bassa (e non poco) che altrove!