Appello dell’assemblea nazionale, 20 novembre, Roma

20 novembre 2009

Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell’università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all’altezza delle sfide poste dall’attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall’esplosione dell’Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica: noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e dellaricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.

Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:

– non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;

– non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell’università pubblica negli ultimi 30 anni;

– indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all’americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull’indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;

– completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica prefigurando, quindi, un’università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l’entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell’università;

– restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;

– nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell’università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l’insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell’efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.

Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l’ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell’autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l’emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l’attacco mosso da governo.

In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento politico ed economico sulla Scuola, sull’Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall’attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L’attacco alla Scuola e all’Università al quale stiamo assistendo è parte di un’aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.

Non è un caso se l’Onda ha fatto breccia nell’immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell’Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l’accesso pubblico all’università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l’accesso e per la qualità del sapere, per l’abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d’ingresso, percorsi d’eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.

Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l’accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all’intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.

Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all’ordine del giorno nazionale l’elaborazione di un nuovo sistema di welfare all’altezza delle sfide della società della conoscenza. Si propone di: – organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre; – in occasione dell’11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;

– assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;

– organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l’accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.

 

Assemblea nazionale dei precari e degli studenti

Roma, 20/11/2009

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La commedia dei T(r)agli

12 novembre 2009

I rettori aspettano lo scudo fiscale per avere un pochino di soldi dal Ministro. Accettando un paese che li finanzia cogli spiccioli degli evasori fiscali. Una misura, peraltro, che è una una tantum.

Ad ogni modo sono circa 5 milardi di euro che non coprono gli oltre 9 miliardi di euro di tagli a scuola e università già fatti con la 133.

Poi stasera, negli approfondimenti alle notizie dei Tiggì, scopriamo che con lo scudo fiscale il governo intende finanziare anche il “taglio” dell’Irap (ma leggi differimento) , operazione che costa da sola 3,5 miliardi di euro. Se tant’è, scuola e università (e il 5×1000 e chissà quante altre cose) dovranno spartirsi i rimanenti 1,5 miliardi di euro. 

Insomma briciole. Cioè, le solite bugie. L’ennesima presa per il culo.

 Nel frattempo, ai tanti ottimisti che girano in questo blog regalo una “perla” girata in una lista di mail sui sempre più fantomatici posti Mussi 2009.

Meditate gente, meditate. Nonostante tutto, io, il 20, sono all’assemblea alla Sapienza. Buona lettura….

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Riprendere la parola, rilanciare il movimento

3 novembre 2009

 

Appello per un’assemblea nazionale a Roma a “La Sapienza” venerdì 20 Novembre

Il Disegno di legge per la riforma dell’Università, da poco approvato in Consiglio dei ministri (28.10), ci impone di riprendere la parola. E’ passato un anno, infatti, da quel movimento straordinario che ha congelato ogni ipotesi di riforma organica dell’università, invadendo le piazze di tutta Italia. Un movimento, quello dell’Onda, che ha saputo reinventare il conflitto in un Paese trafitto dalle destre e privo di opposizione. Un movimento che, partito nelle università, è dilagato nelle scuole e ha coinvolto anche noi, precari della ricerca, già protagonisti delle lotte contro il Ddl Moratti nell’autunno del 2005.

La forza dell’Onda ha in buona parte fermato l’iniziativa governativa (ricordiamo che al seguito dell’approvazione del Dl 137 sulla scuola – 29 ottobre del 2008, la Gelmini aveva promesso un decreto legge anche per l’università), ma non è riuscito ad ottenere l’annullamento dei tagli finanziari alla formazione, massicciamente introdotti dalla Legge 133 (8 miliardi di euro in meno per la scuola, 1.5 miliardi di euro per l’università). Oggi, nel pieno di un autunno sempre più carico di disoccupazione e di precarietà, indubbiamente ancora debole sul piano del conflitto, il governo ha ripreso l’offensiva.

Il Ddl colpisce a morte l’università pubblica, riorganizzandola a partire dall’insistenza dei tagli. Se la parte relativa alla governance prefigura università snelle (per numero di facoltà), prive di democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organi collegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio di amministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordino del diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce il prestito d’onore per gli studenti, imponendo la formula del debito individuale in sostituzione ai diritti comuni.

Ma è la terza parte quella che ci riguarda di più. In primo luogo viene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori a tempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi, dopo sei anni e un’abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi posti da professore associato, in concorsi locali e notoriamente “meritocratici” ma in realtà profondamente opachi, i cui criteri restano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. In generale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un verso nessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari viene assunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzano l’università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, i contratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti di docenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per la ricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell’università pubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà la didattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcun incremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potranno assumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore a quello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personale confermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133 che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non faranno che aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione del precariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariato della ricerca lo moltiplica all’infinito.

E’ chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere si definirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissione dell’università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso. Un’università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati di difendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dal nostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei tagli e del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziare questa riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si può vincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativa del ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia si spende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevede alcun incremento. Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, per confrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinire una piattaforma e un’agenda di lotte condivise. Un’agenda che non si limiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già in cantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni per rilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e a lungo termine, che riguardi l’università e la ricerca, ma che si leghi anche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci a immaginare e a pretendere un nuovo Welfare.

A partire da queste premesse e convinti che le nostre parole rispondano ad un’esigenza diffusa, convochiamo per venerdì 20 novembre, alle ore 10 presso Sapienza un’assemblea nazionale con il seguente odg:

  1. Analisi del Ddl.
  2. Piattaforma delle rivendicazioni.
  3. Agenda delle mobilitazioni nazionali e territoriali.

E’ infine fondamentale coinvolgere nella partecipazione e nel dibattito gli studenti e tutte le componenti dell’università, della ricerca e della scuola, colpite allo stesso modo dalla politica del governo.

Laboratori Precari – Roma

Coordinamento nazionale precari dell’università – FLC CGIL


COMUNICATO STAMPA PRECARI E STUDENTI DELLA SAPIENZA

12 ottobre 2009

1255346322476_2 MANIFESTANO CONTRO IL GOVERNO MENTRE NAPOLITANO E FRATI PREMIANO LE MIGLIORI RICERCHE. COME SUL TITANIC.

Gli studenti e i precari dell’università “La Sapienza” di Roma hanno manifestato durante il convegno in cui il presidente Giorgio Napolitano e il rettore Luigi Frati hanno premiato le migliori ricerche dell’ateneo. Letteralmente appesi a venti metri d’altezza, un ricercatore precario e una studentessa hanno aperto uno striscione con il messaggio “La ricerca è appesa a un filo, non tagliate la corda” davanti al Rettorato. La protesta è continuata anche durante la premiazione in Aula Magna: sono stati esposti cartelli che richiamavano all’attenzione del presidente della Repubblica i provvedimenti del ministro Gelmini sull’università e sulla ricerca. “Lodo Gelmini: illegittimo”, “Dalla Sapienza all’Ignoranza”, “Senza fondi il precario affonda”, recitavano i cartelli. La precarietà dell’università, infatti, è destinata ad aggravarsi nei prossimi anni per i tagli del governo. E i primi a farne le conseguenze saranno proprio i precari e gli studenti. Le parole, dunque, non bastano più. Non bastano quelle del rettore Frati, che crede di difendere il suo ateneo truccando le statistiche affinché la Sapienza non perda troppi finanziamenti pubblici, ma di fatto approva i provvedimenti del governo. Così forse tutelerà la sua corporazione baronale, non certo le forze vive dell’università: infatti, proprio i precari che svolgono realmente le ricerche più prestigiose sono stati esclusi dai premi della Sapienza. Né bastano le parole del presidente Napolitano, che da molti mesi richiama, invoca, auspica genericamente un maggiore investimento nella ricerca: ma gli appelli rimangono regolarmente inascoltati. Il Presidente dovrebbe prenderne atto se non vuole mostrarsi complice del governo. Berlusconi, Brunetta e Gelmini sono nemici della cultura e dell’istruzione, dei precari e degli studenti che le tengono in piedi, e nessuna Corte Costituzionale dichiarerà illegittime le loro leggi sull’università e la ricerca. Chi vuole davvero difendere l’università deve dunque passare ai fatti e schierarsi davvero contro questo governo. Dalla parte dei precari e degli studenti, che non hanno mai smesso di farlo. i precari e gli studenti della Sapienza RASSEGNA STAMPA

AdnKronos: http://bit.ly/9VzJm

Corriere della Sera: http://bit.ly/4EV5I1

La Repubblica: http://bit.ly/47nk1R

Il Messaggero: http://bit.ly/23J2J9

Il Tempo:  http://bit.ly/2Jdmyp


Decreto interministeriale fissa criteri per contratti di ricerca a TD

9 ottobre 2009

Cari dibattenti

Un nostro pugnace collega ha scoperto che il 16 settembre 2009 un decreto interministeriale dettando i criteri contrattuali dei ricercatori a TD, così recita (Art. 2, Comma 2): 

 Il trattamento economico minimo dei contratti di lavoro subordinato di diritto privato a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, è stabilito nella misura del 120% del trattamento economico iniziale dei ricercatori universitari confermati a tempo pieno così come stabilito dall’art.2 del decreto legge 2 marzo 1987, n. 57, convertito nella legge 22 aprile 1987, n, 158. 

Vai al link

Le università quindi dovrebbero allineare i propri regolamenti sul TD a questa retribuzione…


Interrogazione parlamentare su sblocco fondi 2009 (per i concorsi)

8 ottobre 2009

Cari ricercatori flessibili,

ieri è stata depositata un’ altra interrogazione parlamentare riguardante lo sblocco dei fondi della 3a tranche Mussi (quella 2009) dei concorsi per ricercatore.

Di interrogazione in interrogazione…

link


Il demerito al governo

6 ottobre 2009

Lo scorso 24 Luglio in una conferenza stampa tenuta a palazzo Chigi al termine del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Stella Gelmini ha consegnato al mondo dell’informazione una classifica del merito degli atenei italiani, da lei stessa utilizzata per distribuire il 7% del fondo di finanziamento ordinario (f.f.o.) in base ad una rigida valutazione della produttività didattica e scientifica di ogni università. Il giorno dopo, un entusiasta editoriale del prof. Francesco Giavazzi sulle colonne del Corriere della Sera lodava l’iniziativa della Gelmini come “un secondo segnale forte (il primo fu il decreto sui concorsi di novembre) del quale il ministro Gelmini porta tutto il merito”. Si sa però che in Italia i criteri meritocratici latitano. Basta infatti dare una semplice occhiata alla metodologia usata per costruire la classifica del merito degli atenei italiani per notare che i calcoli svolti dal Ministero ed esaltati dall’editoriale sono tutti sbagliati. Nell’assegnare i “fondi meritocratici” il Ministro non ha saputo tener conto del fatto che il f.f.o. del 2008 non era stato distribuito in parti uguali alle singole università, ma ripartito secondo quote più o meno proporzionali alle dimensioni. Leggi il seguito di questo post »


Concorsi universitari…passata la festa gabbata la Santa!

7 settembre 2009

Come nelle migliori tradizioni del Bel Paese in questi giorni alcune università bandiscono concorsi con criteri di partecipazione …”illiberali”.

Il candidato è costretto a vincolare al minimo il proprio numero di titoli da presentare pena l’esclusione dal concorso.

Questa storia “estiva” è descritta nell’articolo al seguente link.

Forse occorrerebbe fare come nei paesi a seria vocazione democratica inondare le amministrazioni di ricorsi (personalmente non credo sia pienamente legittimo porre tale vincoli nei bandi non rispettando nei fatti le regole di legge vigenti né le finalità “egualitaristiche” che sono alla base del sistema dei concorsi nella pubblica amministrazione).

Salute a tutti!


Presentato al Consiglio dei Ministri un pacco per l’ università

24 luglio 2009

Da ieri le voci si rincorrono …la corte costituzionale avrebbe sentenziato sui professori fuori ruolo, oggi il CdM avrebbe varato un pacchetto università che discrimina fra atenei virtuosi e redistribuisce parte del FFO, poi altre voci si rincorrono ecc…

Sinceramente aggiornare il sito è impossibile perché le notizie sono frammentarie e non si capisce cosa sia realmente accaduto. Ci piacerebbe ad esempio conoscere i pesi oggettivi con cui si è stilata la classifica fra gli atenei o il contenuto del fantomatico decreto sui concorsi per ricercatore o sull’anvur, ecc….

L’unica cosa che si può leggere è il seguente sito del ministero dell’istruzione che descrive il nuovo pacco università (link)


Lettera aperta al Ministro Gelmini del Coordinamento Nazionale dei precari dell’Università FLC-CGIL

22 luglio 2009

All’on. Mariastella GELMINI

Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Oggetto: il precariato della docenza e della ricerca nell’Università

Signor Ministro, da molti mesi, come previsto dal DL 180, convertito in legge il 9 gennaio 2009, il paese aspetta invano il decreto attuativo di definizione dei criteri di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni nei concorsi a ricercatore. Un decreto che promette maggiore trasparenza nello svolgimento dei concorsi e che renderebbe possibile sia lo sblocco dei concorsi già banditi dagli Atenei sia l’avvio della seconda e della terza tranche del reclutamento straordinario. Se la situazione dell’università italiana in questo momento è critica, lo è particolarmente per quella fascia di studiosi che ancora non ha un rapporto lavorativo a tempo indeterminato con gli Atenei e che però, con dedizione, competenza e sacrificio, da molti anni fa quella ricerca grazie alla quale l’Italia continua a essere ai vertici internazionali. Da molti anni a questa parte, infatti, quasi la metà del personale impegnato a tempo pieno in ricerca e docenza negli Atenei è reclutato con contratti parasubordinati (assegni di ricerca, cococo…) e borse di studio, la maggior parte dei quali privi delle più essenziali tutele previdenziali ed assistenziali. L’elevata professionalità dei ricercatori e docenti precari è dimostrata dal bagaglio delle numerose esperienze in materia e delle pubblicazioni, contribuendo direttamente al prestigio degli Atenei italiani. Così come quasi la metà dei corsi universitari è sostenuta da quello stesso personale precario, il cui lavoro permette agli Atenei il raggiungimento di un corretto rapporto tra docenti e studenti, che tiene l’Italia ai livelli europei. Purtroppo, la sovrapposizione di diverse riforme, che non sono mai state rese completamente operative, ha generato una situazione di devastante stallo generale e, in particolare, una sostanziale e gravissima sospensione del reclutamento, cioè dei concorsi a ricercatore banditi a livello nazionale. Grazie ad alcune indagini, si stima infatti che nelle Università italiane vi siano circa 50.000 precari impegnati a tempo pieno nella ricerca e docenza (Fonti dei dati: CRUI e MIUR del 2006 su 33 Università censite, MIUR del 2008 più autocensimento nel 2008). I dati rilevati in questi casi, sebbene parziali, evidenziano inoltre una crescita cospicua e costante del precariato nei ruoli di docente e ricercatore universitario. Se guardata dal punto di vista dello Stato, questa circostanza non permette di utilizzare al meglio quelle risorse umane per la cui formazione e qualificazione sono stati spesi centinaia di milioni di euro. Ora più che mai il fenomeno dei cosiddetti ‘cervelli in fuga’ è diventata un’emergenza, ma qual è la sua reale pericolosità? In termini di economia di sistema, le nostre Università hanno formato studiosi di altissima levatura scientifica, che però metteranno il loro sapere a disposizione non della nostra nazione e dei nostri giovani ma di altri paesi. Questo, nel migliore dei casi. Altrimenti saranno destinati a vedere ignorati e mortificati il loro impegno e la loro qualificazione. Se invece questa situazione la si guarda con gli occhi dei singoli ricercatori e docenti ancora precari, si vedrà un pericolosissimo fenomeno sociale per cui decine di migliaia di giovani e, purtroppo ormai di ex giovani, da un giorno all’altro non riusciranno più a sostenere quello sforzo economico, sociale e umano che finora gli ha dato la forza di aspettare una svolta nella propria vita lavorativa. E questo è particolarmente grave per quegli studiosi che non possono contare su una condizione sociale di partenza agiata. È questa la selezione che cercava, Signor Ministro? Questi ricercatori e docenti il proprio dovere – anzi, molto più del proprio dovere – lo hanno fatto, lo stanno facendo e hanno intenzione di farlo. Si tratta però di dargliene la possibilità concreta. Occorre in primo luogo dare finalmente attuazione a un piano di reclutamento straordinario non più procrastinabile e il ruolo del Suo Ministero è anche quello di dettare quanto prima le linee guida per una campagna di reclutamento ciclico e ordinario sulla base delle reali esigenze di didattica e ricerca degli atenei, che prenda il via col prossimo Anno Accademico. È necessario inoltre, da subito, assicurare ai ricercatori e docenti precari i diritti minimi di ogni lavoratore: retribuzioni adeguate, diritti pensionistici ed assistenziali, ammortizzatori sociali, rappresentanza negli organi accademici. Tutto ciò con l’obiettivo di mantenere sempre alto il livello di didattica e ricerca nei nostri Atenei italiani e conservare nel nostro paese un livello di civiltà del lavoro degno di questo nome. Ricordiamo, infine, che non è più accettabile la stipula di contratti di docenza a titolo gratuito, modalità indecente diffusasi in molti Atenei del paese in conformità a quanto previsto dalla L. 230/2005, art. 1, c.10. L’assenza di retribuzione è infatti inevitabilmente correlabile con la riduzione della qualità dell’offerta didattica e soprattutto con un inaccettabile trattamento dei lavoratori. Proprio per la gravità del quadro sopra descritto riguardo la ricerca e docenza precaria, e per organizzare e difendere i lavoratori precari della conoscenza che operano nelle università italiane si è costituito il Coordinamento nazionale dei precari dell’Università. Dalla lotta per un reclutamento straordinario, dall’opposizione alla ristrutturazione antidemocratica dell’Università alle vertenze locali per i diritti negati, il Coordinamento porterà la voce dei precari dell’Università dovunque sarà necessario. Per la particolarità e l’urgenza che purtroppo caratterizzano la condizione di questi lavoratori, abbiamo la necessità di un confronto immediato e diretto al fine di comprendere con chiarezza quali sono le misure che Lei, e il governo di cui fa parte, abbiano previsto per una soluzione efficace e tempestiva del reclutamento dei ricercatori universitari. Prima di un punto di non ritorno.

Distinti saluti,

Coordinamento Nazionale dei precari dell’Università FLC-CGIL