Il viaggio non durò che una ventina di minuti. Poi l’autocarro si è fermato, e si è vista una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata (il suo ricordo ancora mi percuote nei sogni): ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi.
Primo Levi, Se questo è un uomo
Il paragone è certamente azzardato, ma non irriguardoso verso ben altre tragedie. E’ solo che l’idea che il nostro lavoro – quello scientifico e didattico – potesse renderci più liberi, ha spinto molti di noi ad intraprendere quella strada dissestata, faticosa e precaria che ci ha condotto verso l’Università e la Ricerca. E mai avremmo immaginato che invece questo lavoro ci avrebbe reso schiavi.
Un nostro collega ci scrive e si racconta. Fosse un caso unico potremmo sdegnarci, denunciare e tornare a dormire sogni tranquilli. Invece troviamo in questa autobiografia la radice vera, profonda dell’Università Italiana: la dominazione. Sia chiaro questo NON E’ MOBBING, è qualcosa di più profondo e lacerante. E’ la logica stessa del baronato universitario che mostra il suo volto demoniaco.
Molti di quelli che si vantano di essere custodi dell’UNIVERSITAS e si fregiano del titolo di maestri si svelano despoti e tiranni. Quasi una trama da poema epico, se non fosse che questo poema lo scriviamo noi, giorno per giorno, nelle nostre Università, nei nostri enti di ricerca. Coi nostri salari inesistenti, i nostri diritti negati e la passione che muore ogni giorno di più.
Prima che per noi sia troppo tardi, non possiamo che fare come Spartacus, meglio di Spartacus.
In allegato la storia….. se_questo_e_un_ricercatore.pdf