Editoriale di NATURE sulla università e la ricerca in Italia

Nature 455, 835-836 (16 October 2008) | doi:10.1038/455835b; Published online 15 October 2008

 Cut-throat savings

 Abstract

In an attempt to boost its struggling economy, Italy’s government is focusing on easy, but unwise, targets.

It is a dark and angry time for scientists in Italy, faced as they are with a government acting out its own peculiar cost-cutting philosophy. Last week, tens of thousands of researchers took to the streets to register their opposition to a proposed bill designed to control civil-service spending (see page 840). If passed, as expected, the bill would dispose of nearly 2,000 temporary research staff, who are the backbone of the country’s grossly understaffed research institutions — and about half of whom had already been selected for permanent jobs.

Even as the scientists were marching, Silvio Berlusconi’s centre-right government, which took office in May, decreed that the budgets of both universities and research could be used as funds to shore up Italy’s banks and credit institutes. This is not the first time that Berlusconi has targeted universities. In August, he signed a decree that cut university budgets by 10% and allowed only one in five of any vacant academic positions to be filled. It also allowed universities to convert into private foundations to bring in additional income. Given the current climate, university rectors believe that the latter step will be used to justify further budget cuts, and that it will eventually compel them to drop courses that have little commercial value, such as the classics, or even basic sciences. As that bombshell hit at the beginning of the summer holidays, the implications have only just been fully recognized — too late, as the decree is now being transformed into law.

Meanwhile, the government’s minister for education, universities and research, Mariastella Gelmini, has remained silent on all issues related to her ministry except secondary schools, and has allowed major and destructive governmental decisions to be carried through without raising objection. She has refused to meet with scientists and academics to hear their concerns, or explain to them the policies that seem to require their sacrifice. And she has failed to delegate an undersecretary to handle these issues in her place.

Scientific organizations affected by the civil-service bill have instead been received by the bill’s designer, Renato Brunetta, minister of public administration and innovation. Brunetta maintains that little can be done to stop or change the bill — even though it is still being discussed in committees, and has yet to be voted on by both chambers. In a newspaper interview, Brunetta also likened researchers to capitani di ventura, or Renaissance mercenary adventurers, saying that to give them permanent jobs would be “a little like killing them”. This misrepresents an issue that researchers have explained to him — that any country’s scientific base requires a healthy ratio of permanent to temporary staff, with the latter (such as postdocs) circulating between solid, well equipped, permanent research labs. In Italy, scientists tried to tell Brunetta, this ratio has become very unhealthy.

The Berlusconi government may feel that draconian budget measures are necessary, but its attacks on Italy’s research base are unwise and short-sighted. The government has treated research as just another expense to be cut, when in fact it is better seen as an investment in building a twenty-first-century knowledge economy. Indeed, Italy has already embraced this concept by signing up to the European Union’s 2000 Lisbon agenda, in which member states pledged to raise their research and development (R&D) budgets to 3% of their gross domestic product. Italy, a G8 country, has one of the lowest R&D expenditures in that group — at barely 1.1%, less than half that of comparable countries such as France and Germany.

The government needs to consider more than short-term gains brought about through a system of decrees made easy by compliant ministers. If it wants to prepare a realistic future for Italy, as it should, it should not idly reference the distant past, but understand how research works in Europe in the present.

47 Responses to Editoriale di NATURE sulla università e la ricerca in Italia

  1. antonio ha detto:

    nature dovrebbe sapere che il nostro sistema di assunzione non è minimamente comparabile con quello degli USA, e del resto del mondo.
    E’ per caso al corrente, nature, che anche laddove fosse regolare, un concorso da ricercatore può venir chiamato dalla facoltà oggi 16 ottobre 2008, svolgersi tranquillamente a novembre 2009 e, anche laddove non fosse truccato, richiederebbe un tema (1 prova scritta), un altro tema (2 prova scritta) e l’interrogazione (prova orale), il che è stressantissimo! ed è inutile!
    Questo sistema, dovrebbe scrivere Nature, NON E’ IDONEO per vedere se uno può essere assunto come ricercatore!
    Noi abbiamo il pesante fardello del concorso pubblico della pallosissima P.A.
    Che ne sanno loro, che assumono a chiamata diretta, dall’oggi al domani e sulla base dei soli titoli?
    Nature neanche lo immagina quanto è stupido il nostro sistema dei concorsi, ripeto anche se dovessero essere regolari, sarebbero INUTILI.

    • giancarlo ha detto:

      Sono un docente e sono perfettamente d’accordo per ABOLIRE I CONCORSI Universitari. Ho fatto 10 concorsi da ricercatore, 3 concorsi da associato e 5 concorsi da ordinario … e ne ho viste di cotte e di crude. Alla fine ce l’ho fatta, ma e’ una magra consolazione perche’ ora insegno in un posto sperduto e non ho amici per trasferirmi. Il sistema piu’ trasperente ed efficente e’ quello delle graduatorie sulla base di pubblicazioni accertate sui siti internet delle riviste. E’ un sistema equo che invoglierebbe TUTTI a lavorare di piu’, compresi i docenti gia’ in ruolo.

  2. Untenured ha detto:

    antonio non buttare via il bambino con l’acqua sporca. Abolire i concorsi significa ora sopprimere le posizioni accademiche a tempo indeterminato. Nel sistema bloccato italiano ciò vuol dire rimanere intrappolati nell’incubo della precarietà e quindi non poter lavorare seriamente.

    La differenza tra i liberisti e i riformisti progressisti è che i primi ignorano le condizioni storico-sociali del contesto in cui operano e quindi trattano il Sudamerica come fosse l’America, con conseguenze disastrose; i secondi invece cercano di tener conto di queste condizioni e proprio alla loro luce presentano proposte di riforma calibrate sulla realtà in cui operano.

  3. antonio ha detto:

    in USA, il potere è dei dipartimenti che hanno facoltà di assunzione diretta così come di licenziamento diretto.
    Nature si basa su questo tipo di assunzione!
    Caro untenured, dovresti saperlo!

  4. pdp ha detto:

    @ Antonio
    Non capisco da dove inferisci che a Nature non sappiano nulla dei concorsi da ricercatore in Italia; e’ vero che non si capisce neanche il contrario, ma solo perche’ l’argomento dell’editoriale -mi pare- sia un altro (la legge 133).

  5. Luigi ha detto:

    Untenured, la mia modesta opinione e’ che se non si cambia il sistema in maniera radicale, restera’ sempre tutto uguale. Bisogna abolire i concorsi (una ridicola anomalia italiota), agire per chiamata diretta e definire dei criteri di produttivita’ obbligatori!!!! Se non sia agisce su questi due livelli, non cambiera’ mai un bel niente. Qualsiasi criterio meritocratico tu voglia mettere nei concorsi, verra’ aggirato grazie a cavilli e trucchetti tipici della societa’ italiana. Un semplice esempio. Qui a Londra, nel mio dipartimento, un lecturer ha in teoria un contratto a tempo indeterminato, MA, se in 3 anni non pubblica almeno 5 articoli su riviste con impact factor superiore a 3, e non ottiene almeno un grant superiore a 25000 sterline, VA A CASA!!!!
    Non vorrei che in Italia, siamo cosi’ disperati che stia nascendo una casta dei precari della ricerca!

  6. antonio ha detto:

    @ pdp,

    Lo desumo.
    Se tu parli con un ricercatore o professore straniero ( Luigi che ha appena scritto può ben confermarlo), e gli spieghi che noi dobbiamo fare il concosro da ricercatore con 2 temi ed una proa orale (il tutto dopo un anno dalla pubblicazione del bando e con possibile trucco),
    prima non riesce a capire, poi si mette a ridere dicendo che siamo idioti (ed ha ragione!).

    Se Nature sapesse, non parlerebbe, perchè capirebbe che il nostro è un sistema contro natura e quindi non serve scandalizzarsi.

  7. Luigi ha detto:

    Antonio aspetta un attimo.
    Dalla mia esperienza personale ti posso dire che nessuno dei miei colleghi stranieri conosceva il sistema di reclutamento italiano, tanto meno il sistema dei “concorsi”. Pero’ sono sicuro che Nature conosce il nostro sistema, perche’ non e; il primo articolo che racconta i misfatti italiani, e poi perche’ ci sono diversi italiani che lavorano per loro nella redazione o come collaboratori esterni. Ad esempio l’articolo “New law threatens Italian research jobs” Nature 455, 840-841 (2008) e’ firmato Emiliano Feresin & Alison Abbott . Il primo credo lavori alla SISSA di Trieste.

  8. pdp ha detto:

    Si’, ho fatto la prova, ma gli viene anche da ridere (o non ci crede) quando gli dico quanto prende un ricercatore italiano appena assunto.
    Non capisco pero’ cosa vogliate (Antonio & Luigi) dire: forse che poiche’ l’Universita’ italiana fa schifo in toto e’ giusto che venga chiusa?
    Personalmente sono d’accordo che si eliminino i concorsi, ma ripeto una cosa che ho gia’ detto in questo sito: le regole sono importanti! Lo dico per esperienza diretta; nel mio settore fino alla riforma Berlinguer -non tutti- ma la maggior parte dei concorsi erano puliti; dopo, quasi tutti (anzi, da qualche anno tutti) sono sporchi.

  9. Carlo ha detto:

    Per il settore umanistico il criterio del 5 x 3 (di Luigi) sarebbe devastante.
    Personalmente, se vedo un ricercatore che in tre anni ha pubblicato cinque saggi, mi viene il sospetto che le cose che ha scritto non siano molto serie!?!
    Sono talmente disgustato dall’immondizia che si pubblica e che ci ha completamente sommerso da non avere nessuna fiducia in un criterio quantitativo.
    E’ così o forse sono io che mi sbaglio?

  10. Carlo Pisacane ha detto:

    Caro Carlo purtroppo è così pure per le pubblicazioni in materie medico-biologiche.

    Troppe pubblicazioni e una inutile salamizzazione della ricerca

  11. antonio ha detto:

    il punto è: anche laddove fosse regolare, a nessun Paese verrebbe in mente di far fare i temi da ricercatore, le buste con le tracce, commissioni che vengo sciolte perchè non ci si mette d’accordo con le tracce (a me è successo), altre buste da sorteggiare il giorno dopo, altre il giorno dopo ancora per la prova orale.
    Un professorre della Florida mi ha detto: “gli esami si fanno per ottenere un titolo, che dovrè essere usato per l’assunzione” “non si fanno esami per lavorare!!!”, ed ha aggiunto “tutto quel tempo speso per fare queste cose burocratiche!”

    Se un “inviato” di Nauture potesse assistere alla apertura dele buste ecc….di cui sopra, farebbe un solo articolo, evidenziando è stupido procedere in quel modo (che ci siano o no raccomandazioni)!

  12. Luigi ha detto:

    pdp,
    ci mancherebbe altro. Spero davvero che prima o poi riusciremo ad avere un sistema di ricerca degno di questo nome. L’universita’ italiana non fa tutta schifo! io vengo da un centro d’eccellenza nel mio settore che mi ha dato tanto. Pero’ dopo tanti anni in cui la ricerca e’ stata vista come una scocciatura dai vari governi, a cui dare un contentino, siamo al punto di avere delle situazioni pietose, in cui un ricercatore guadagna quanto un netturbino. Cosi’ puo’ succedere che un precario, tra uno stipendio da fame e niente, scelga lo stipendio da fame. Conosco diversi “precari” a cui il cambiamento radicale e meritocratico non piace cosi’ tanto, perche’ se il cambiamento venisse attuato forse perderebbero il lavoro. Purtroppo pero’ non ci possono essere riforme a costo zero, qualche vittima ci deve pur stare. E’ per lo stesso motivo trovo orrende le stabilizzazioni dei precari della ricerca, senza nessun criterio di meritocrazia.

  13. Luigi ha detto:

    Carlo ovviamente dipende dal settore. Nel mio (biologico), se un lecturer con diverse linee di ricerca non pubblica quei 5 articoli in tre anni, vuol dire che la ricerca non va tanto bene. La competizione e’ alta, quindi se tu non sei in grado di farlo vai a casa. A loro interessano i migliori, che sostanzialmente sono quelli che portano piu’ fondi al dipartimento, e i fondi e le pubblicazioni sono due cose collegate.
    Poi considerate che mediamente qui un lecturer ha almeno due Ph.D. student o un Ph.D. Student e un post doc, quindi ha almeno due linee di ricerca diverse.
    Non conosco la situazione nelle scienza sociali, percio’ non mi pronuncio in merito.

  14. antonio ha detto:

    riepiloghiamo:

    uno che non si può affermare in italia va all’estero: ok.
    quando arriva all’estero trova i concorsi? NO!
    all’estero NON ci sono cocorsi!
    allora le cose sono 2: o la smettiamo di parlare (ma la situzione è tragica e non si può smettere)
    oppure aboliamo i concorsi!

  15. pdp ha detto:

    Ripeto, sono d’accordissimo di abolire i concorsi e vedo le stabilizzazioni come il fumo negli occhi, e che gli assunti siano poi valutati per il lavoro scientifico prodotto, e se volete vengo pure ad incatenarmi di fronte al ministero domani (domani forse no perche’ c’e’ lo sciopero dei treni :), pero’ l’articolo di Nature parla d’altro (e forsei di piu’ grave)! Qui le universita’ sono gia’ alla bacarotta e questi vogliono tagliare il FFO ordinario del 20% entro il 2012! Cosa succedera’? Le universtia’ non pagheranno gli stipendi da settembre a dicembre? Gia’ -mi dicono- l’Universita’ di Siena non ha pagato per anni l’INPDAP ai dipendenti…
    E non parlo del turnover, che e’ un problema gia’ stato affrontato qui,

  16. Luigi ha detto:

    pdp, d’accordissimo con te, quello che stanno cercando di fare e’ ancora piu’ grave di qualsiasi riforma mancata o sbagliata. Senza soldi non si va da nessuna parte.

  17. @untenured che dice:
    “La differenza tra i liberisti e i riformisti progressisti è che i primi ignorano le condizioni storico-sociali del contesto in cui operano”

    le condizioni storico-sociali… mhmm interessante…
    si si… hai ragione… continuiamo pure con questo bel “dolce declino”…

  18. Nature ha detto:

    Tagli spietati (traduzione a cura della redazione di “Italia dall’estero”*).

    Nel tentativo di accelerare la sua arrancante economia, il governo italiano si concentra su obiettivi facili, ma sconsiderati. È un periodo buio e arrabbiato per i ricercatori in Italia, esposti ad un governo che mette in atto la sua strana filosofia per il taglio dei costi. La settimana scorsa, decine di migliaia di ricercatori sono scesi in strada per manifestare la loro opposizione ad una proposta di legge volta a frenare la spesa pubblica. Se passa, come previsto, la legge provocherebbe il licenziamento di quasi 2000 ricercatori precari, che costituiscono l’ossatura degli istituti di ricerca italiani perennemente a corto di personale – e metà di essi sono già stati selezionati per posizioni a tempo indeterminato.

    Proprio durante la manifestazione dei ricercatori, il governo di centro-destra di Silvio Berlusconi, che è tornato al governo lo scorso maggio, ha deciso che i fondi di università e ricerca potrebbero essere usati per aiutare le banche e gli istituti di credito italiani. Questa non è la prima volta che Berlusconi ha bersagliato le università. Ad agosto ha firmato un decreto che tagliava i fondi universitari del 10% e ha permesso di coprire solo una posiziona accademica vuota su cinque. Ha anche permesso alle università di trasformarsi in fondazioni private per ottenere introiti aggiuntivi. Dato il clima attuale, i rettori universitari ritengono che l’ultimo passo sarà usato per giustificare ulteriori tagli ai fondi e che alla fine li costringerà a cancellare i corsi che non hanno grande valore commerciale, come gli studi classici o addirittura le scienze di base. La notizia è arrivata all’inizio delle vacanze estive, ma le conseguenze sono state comprese pienamente solo ora – troppo tardi, visto che il decreto sta per essere trasformato in legge.

    Nel frattempo, il Ministro per l’educazione, l’università e la ricerca, Mariastella Gelmini, non si è espressa in merito a tutte le questioni relative al suo ministero tranne quella sulle scuole secondarie e ha permesso che decisioni governative consistenti e distruttive fossero eseguite senza fare alcuna obiezione. Ha rifiutato di incontrare i ricercatori e gli accademici per ascoltare le loro preoccupazioni o per spiegare loro le direttive che sembrano richiedere il loro sacrificio. Inoltre non ha neppure delegato un sottosegretario che si occupi di tali questioni al suo posto.

    Le organizzazioni scientifiche colpite dalla legge sono tuttavia state ricevute dall’ideatore della legge, Renato Brunetta, Ministro della pubblica amministrazione e innovazione. Brunetta ritiene che si possa fare ben poco per fermare o modificare la legge, anche se è ancora in discussione nei vari comitati e deve ancora essere votata in entrambe le camere. In un’intervista ad un quotidiano, Brunetta ha paragonato i ricercatori ai “capitani di ventura” [sic N.d.T.], mercenari avventurieri del rinascimento, dicendo che dar loro un lavoro permanente equivarrebbe quasi ad ucciderli. Ciò mistifica un problema che i ricercatori gli avevano spiegato: che la ricerca di base di un paese richiede un adeguato rapporto tra il personale permanente e quello precario, con i ricercatori precari (per lo più post-dottorati) che si spostano tra laboratori di ricerca permanenti, stabili e ben equipaggiati. In Italia, come hanno tentato di spiegare a Brunetta, questo rapporto è tutt’altro che adeguato.

    Il governo Berlusconi può anche ritenere che siano necessarie delle misure finanziare severe, ma i suoi attacchi alla ricerca di base italiana sono avventati e poco lungimiranti. Il governo ha trattato la ricerca semplicemente come un’altra spesa da tagliare, quando invece dovrebbe essere considerata un investimento per costruire l’economia del sapere del ventunesimo secolo. In effetti l’Italia ha già sposato questo concetto aderendo alla Strategia di Lisbona 2000 dell’Unione Europea, in cui gli stati membri hanno promesso di aumentare i fondi di ricerca e sviluppo (R&D) fino al 3% del loro prodotto interno lordo. L’Italia, un paese del G8, ha una delle spese in R&D più basse del gruppo, essendo appena dell’1.1%, meno della metà di quanto spendono nazioni comparabili come la Francia e la Germania.

    Il governo non deve considerare solo i guadagni a breve termine attuati attraverso un sistema di decreti facilitato da ministri compiacenti. Se vuole preparare un futuro realistico per l’italia, come dovrebbe, il governo non dovrebbe riferirsi pigramente al passato, ma capire come funziona la ricerca in Europa oggi.

    ———————
    * http://italiadallestero.info/archives/1379

  19. antonio ha detto:

    Nature dice cose giuste, ma NON ha capito il problema: dice infatti”dispose of 2000 temporary research staff”, cioè “sbarazzarsi di 2000 ricercatori a tempo determinato”. Magari fossimo a tutti tempo determinato, ma con uno stipendio!!!!!!
    E Nature non sa che qui in Italia il dramma è che finito il tempo determinato, è finito tutto!
    Nature è abituata ai sistemi UK o USA, ove essere a tempo derminato è solo i lprimo di uno dei tenti steps possibili!
    Nature non si rende conto del sistema attuale (con o senza tagli)!
    Si usano categorie giuridiche e status diversi.
    Noi poveri disperati e penalizzati dai tagli siamo il 90% dottorandi, dottori, assegnisti o addirittura cultori della materia (in alcuni casi).

  20. antonio ha detto:

    volevo concludere: Nature fa bene a scrivere quello che succede in italia, ma vorrei invitare Nature a vedere l’assurdità dei concorsi, anche laddove venissero svolti in maniera regolare, Nature deve scrivere che bandire un concorso oggi e fare le prove nel 2009 (fra un anno), e fare la 1 prova scritta, la 2 prova scritta, la prova orale, (anche se in maniera regolare e non truccata) non serve a stabilire se chi vince è IDONEO! Questo deve scrivere Nature!

  21. kristian ha detto:

    Bravi, spiegatelo ai giornalisti che vanno eliminati i concorsi, che negli altri paesi i concorsi non esistono!
    Avete mai visto in uno di quei rari servizi giornalistici sulla ricerca dire che i concorsi sono inutili (pure Iacona ha fatto W la ricerca!)?
    MAI, anzi spesso i giornalisti si concentrano sulla regolarità dei concorsi.

    Chi legge ed ha la possibilità di informare i giornalisti dovrebbe farglielo presente.
    Come la ricercatrice ieri sera da Santoro avrebbe dovuto dirlo che negli altri paesi in cui ha lavorato non ha dovuto fare concorsi.

  22. antonio ha detto:

    Hai ragione Kristian, in realtà vi sono giornalisti editorialisti del corriere della sera, come Ichino (che è anche parlamentare PD), Giavazzi, Galli della Loggia, che hanno detto in più editoriali che il concorso è inutile. Ichino, in particolare ha speigato che la commissione si scioglie un minuto dopo la chiusura del verbale e che pertanto non è responsabile. Ora occorre che lo sappiano i televisivi Floris, Santoro, Travaglio, che lo dicano! Tanto è vero, che lo dicano! Che dicano che il concorso è solo in ITA e che è inutile!

  23. paolo ha detto:

    Il concorso da ricercatore universitario equivale ad una chiamata diretta (tanto c’è il membro interno no?).
    Dopo tre anni il ricercatore deve ottenere la “conferma” e viene giudicato da una commissione nazionale; (il fatto è che tutti hanno la conferma anche se hanno scritto un solo articolo di 10 pagine!!!!). Forse quindi bisogna semplicemente chiedere serietà e meritocrazia alla commissione nazionale.

  24. antonio ha detto:

    per paolo: sbagliato! la chiamata diretta arriva con colloquio, discussione titoli, dimostrazione di come si imposta una lezione, un seminario, delle ricerche che si intenderanno svolgere, del metodo che si intende applicare ecc…oltre al salario negoziato.

    il concorso è pallosissimo! bando esce oggi 17 ott. 2008, le 3 prove (inutili) si svolgeranno mediamento nel 2009, i titoli verranno considerati per il 2%, mentre tutta l’energia verrà spesa con il culo seduto sulla sedia per 5 ore la prima prova scritta, 2 ore la seconda prova scritta, un’ora per lorale il terzo giorno, l’ansia….ecc…
    Ormai sono tutti d’accordo: anche nel caso in cui fosse regolare, il concorso sarebbe troppo lungo (1 anno), troppo burocratico e non serve a vedere se sei idoneo.

    un minuto dopo della fine del verbale, la commissione si sciogli è non è responsabile di chi ha assunto!
    Hai capito adesso?
    All’estero ridono quando sentono questo meccanismo (anche laddove fosse regolare),
    Se non ti fidi, fai la prova con qualsiasi prof. straniero.

  25. krisan ha detto:

    Ichino, Giavazzi e Galli della Loggia sono giornalisti che non contano un ‘azzo perchè non influenzano la maggior parte delle persone, solo i pochi che leggono (e rileggono) i giornali. Santoro e Travaglio e meglio che stiano zitti e in silenzio dato che il loro tono saccente è controproducente rispetto alla penetrazione del messaggio verso chi già non ha la loro stessa “visione politica”. Floris e Vespa sono gli unici giornalisti televisivi che riescono a “bucare” la testa di chi ascolta ed ha idee diverse dalle loro.

    Se avete realmente la possibilità di contattare questi signori non fatevi fregare perchè televisamente parlando una “litigata politica” sui concorsi truccati paga molto di più in termini di audience che la spiegazione del perchè questi siano inutile
    … ripeto sottolineare che il problema non è il concorso truccato ma è il concorso in sè, nessuna imprenditore sano di mente assumerebbe personale altamente qualificato con un concorso e senza uno o più colloqui, la condivisione delle strategie e dei metodi …

    Serietà e meritocrazia, … puttanate e puttanate, ma avete mai pensato a come assume la FIAT i suoi ingegneri? il sistema deve essere a prova di idiota e il colloquio con responsabilizzazione di chi assume è l’unico sistema valido.
    In USA la chiamata avviene a seguito di una valutazione del curriculum, dei titoli e qualche colloquio con i professori e il dipartimento. La “chiamata” è fatta in funzione delle necessità e possibiltà economiche dell’università e non la periodicità basate sugli oroscopi atzechi come nei concorsi italiani.

  26. krisan ha detto:

    perdonate i refusi

  27. paolo ha detto:

    Ho visto molti concorsi da ricercatore che si sono svolti sei mesi dopo il bando, c’è stato un colloquio e una discussione titoli (la prova orale); le due prove scritte sono una formalità (la prima si fa la mattina e la seconda nel pomeriggio).Secondo me nella sostanza non c’è nessuna differenza con la chiamata diretta perchè tanto è assunto sempre quello che la facoltà vuole chiamare direttamente.

  28. krisan ha detto:

    c’è una differenza fondamentale tra il concorso che, per consuetudine, si è trasformato in chiamata diretta, e la chiamata diretta giuridicamente regolata.
    Non si può confondere la consuetudine con il diritto.

  29. […] Tags: italia, nature, ricerca, università Giusto un post veloce veloce per segnalare l’ultimo editoriale di Nature sulla ricerca […]

  30. paolo ha detto:

    Concorso locale e chiamata diretta sono la stessa cosa dal punto di vista sostanziale. Il vero scandalo secondo me è come viene svolto il giudidizio di conferma del ricercatore (è una finzione).

  31. Luigi ha detto:

    forse vi sfugge un particolare decisivo delle chiamate dirette all’estero! se non sei produttivo vai a casa!!! e i criteri di produttivita’ sono regolati in maniera chiara (numero di pubblicazioni e grants ottenuti in un deteminato periodo di tempo, 2-3 anni). Non c’e posto per i figli di, gli amici i, i protetti da. Se un dipartimento assume dei mediocri i danni sono elevati, quindi tendono a scegliere i migliori per il loro stesso interesse.

  32. paolo ha detto:

    Quindi il problema non è la chiamata diretta o il concorso locale, ma il controllo che dopo 2-3 anni viene compiuto sulla produttività.

  33. cane sciolto ha detto:

    @paolo

    Esatto, hai colto il punto fondamentale. Antonio osserva, giustamente, che
    i concorsi (nella loro forma attuale) sarebbero inutili anche se non fossero truccati. E invoca la loro abolizione. Ma temo che la chiamata diretta non sia la soluzione perché la chiamata diretta, di fatto, c’è già. E non funziona, giusto?

    Allora che si fa? Una piccola riforma, che avrebbero difficoltà a negarci perché è a costo zero e va nella direzione che tanto piace a Ichino e Brunetta:

    responsabilizzare le commissioni, obbligandole a dettagliare i giudizi sui titoli ed a risponderne di fronte alla collettività.

  34. Paola ha detto:

    credo che ci sia una bella confusione sul tema del ruolo dei ricercatori e dei docenti nell’universita’ italiana che purtroppo non fa i conti con il resto del mondo.

    Nel nostro sistema universitario non si da’ valore alla ricerca mentre si da’ molto valore alla diadttica. Le Universita’ chiamano concorsi solo per esigenze didattiche. Questo e’ il punto da modificare radicalmente. Si devono chiamare posti di ricercatore per svolgere attivita’ di ricerca e non didattiche. Si devono ridurre i corsi di laurea specie quelle brevi che possono essere facilmente accorpate. Si deve ridurre il carico didattico. Questo e’ il cambiamneto che si richiede. I docenti universitari potranno cosi’ avere piu’ spazio per svolgere ricerca, pre scrivere lavori scientifici, per trovare finanziamenti scrivendo progetti..etc etc

    Voglio ricordare che la ricerca in Italia e’svolta da Dottorandi ed Asseglisti di Ricerca e quest’ultimi SONO PAGATI PRINCIPALMENTE DAI FONDI DI RICERCA DOCENTI lo Stato mette un minimo contributo (un cofinanziamento IRRILEVANTE).

    Senza queste figure LA RICERCA NON SI POTREBBE SVOLGERE IN ITALIA..QUESTO DEVE ESSERE FATTO CAPIRE AI NOSTRI MINISTRI CHE DI RICERCA NON SANNO NIENTE….

    IL MINISTRO BRUNETTA CHE VUOLE MANDARE I PRECARI DELLA RICERCA ALL’ESTERO PENSO ABBIA COSI’ EVIDENZATO LA SUA INCOMPETENZA..E DOVREBBE ESSERE RIMOSSO DALLA SUA POSIZIONE.

    INFATTI DOVREMMO SVOLGERE UN’AZIONE OPPOSTA A QUELLA SUGGERITA DA BRUNETTA.: CERCARE DI FAR RIENTRARE IN ITALIA MOLTI NOSTRI GIOVANI CHE ABBIAMO INVIATO IN UNIVERSITA’ STRANIERE AD IMPARARE.

    SONO TOTALMENTE CONTRARIA ALLE CHIAMATE DIRETTE DEI RICERCATORI E PROFESSORI DALLE UNIVERSITA’ PERCHE’ QUESTE NON SEGUONO DEI CRITERI DI MERITO MA DI SOLA CLIENTELA E PARENTELA…E LO SAPPIAMO TUTTI…..

    L’INTENTO DOVREBBE ESSERE QUELLO DI ALZARE IL LIVELLO DELLE UNIVERSITA’ ITALIANE CHE SONO AI POSTI PIU’ BASSI DEL MONDO PERCHE’ IN QUESTO PAESE SI TENDE SEMPRE ALL’APPIATTIMENTO PIUTTOSTO CHE ALLA SELEZIONE DEI MIGLIORI.

    IO CHIEDO CHE I CONCORSI DEBBANO ESSERE NAZIONALI (E NON LOCALI) E CHE LE COMMISSIONI D’ESAME DEBBANO ESSERE COMPOSTE ANCHE DA RICERCATORI INTERNAZIONALI CHE NON ABBIANO RAPPORTI CON I COMPONENTI ITALIANI…E’ QUESTO L’UNICO MODO PER ANDARE AVANTI IN UN PAESE CHE NON HA RISOLTO IL PROBLEMA DEL CONFLITTO D’INTERESSE MA VA AVANTI COME SE L’UNIVERSITA’ SIA UNA PROPRIA FAMIGLIA…

    ABBIAMO BISOGNO DI PIU’ RICERCATORI NELLE NOSTRE UNIVERSITA’ E DOBBIAMO TROVARE IL MODO DI ASSUMERE CHI HA LAVORATO PER 12 ANNI PRIMA COME DOTTORANDO E POI COME ASSEGNISTA E CHE ABBIA DIMOSTRATO DI AVERE UN CV COMPETITIVO.

  35. paolo ha detto:

    Sono d’accordo . Bisogna fare dei concorsi nazionali per ricercatore.

  36. cane sciolto ha detto:

    @Paola

    concordo sulla chiamata diretta: è una chimera. Sollevi poi un punto molto interessante parlando dei meccanismi decisionali alla base delle chiamate (facoltà vs. dipartimento).
    Ecco le vere riforme da fare.

    @paolo

    a che serve un concorso nazionale se poi c’è comunque la chiamata discrezionale locale (che poi si tradurrebbe in “libertà di non chiamare”)?

  37. antonio ha detto:

    la chiamata diretta è brutta se intesa come raccomandazione.
    tuttavia, se si dà totale AUTONOMIA ai dipartimenti (di spesa, entrata, uscita, di assunazione e di licenziamento) nei limiti della costituzione e del nostro ordinamento,
    si farà molta attenzione a prendere i migliori, perchè converrà.
    è un pò come la nazionale di calcio: è un ente pubblico, ma si va a chiamata diretta perchè l’allenatore deve rispondere (qui si che c’è responsabilità) e deve dimostare agli italiani di avere preso i migliori.
    w la chiamata diretta con cooptazione responsabile!

  38. Andrea ha detto:

    Discorsi inutili, negli Stati Uniti esiste la MERITOCRAZIA e sicuramente più ETICA (almeno in campo universitario) di quanto non ne esista in Italia.
    Finchè non esisteranno delle graduatorie (serie ed oggettive) a livello nazionale in Italia non si potrà mai tentare di fare nulla di valido.

  39. cane sciolto ha detto:

    @Andrea

    6 un genio! Ecco la soluzione! Graduatoria (non lista, graduatoria)
    unica nazionale e gli idonei, nell’ordine, scelgono la sede portando
    con sé i fondi. Semplice, possibile, diretto, meritocratico e a costo zero.

  40. […] Editoriale di Nature sull’università e la ricerca in Italia. […]

  41. Christine ha detto:

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  43. Holly ha detto:

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  45. Aris Caputo ha detto:

    Bel articolo. Grazie!!

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