La denuncia dei mali dell’Università italiana è un impegno politico e civile cui non rinunciamo. E a modo nostro abbiamo sempre cercato di contribuire al miglioramento del sistema universitario di questo paese attraverso il dibattito, con le nostre proposte, le nostre lotte. E il più delle volte ci siamo mossi nel silenzio di giornali e TV impegnate invece a dare la caccia al concorso truccato, al barone rampante, ai corsi con un solo studente.
Mai ci siamo mai sorpresi del fatto che i fustigatori di turno, certamente benintenzionati, finissero sempre e sistematicamente per fermarsi con le loro analisi alla superficie dei problemi. I concorsi, ad esempio. Lo sosteniamo da tempo, il problema non è che molti concorsi sono corrotti, ma che TUTTI mascherano, sotto la forma di una procedura comparativa concorsuale, un meccanismo di cooptazione accademica senza alcun controllo ex post delle strutture e dei vincitori. Ed invece i giornali sempre a battere sui “figli di”, i “parenti di”. Questione sacrosanta, sia chiaro, ma che è solo la torsione familistica di una cooptativa “irresponsabile” (cioè non responsabile delle scelte che opera). E non è allora un caso che quasi mai allo scandalo possa seguire un’azione giudiziaria. Il “concorso truccato” è solo la superficie di un problema ben più complesso. Si guarda al trucco, insomma, ma non al volto che nasconde.
L’altro caso lampante è l’uso strumentale e spettacolare del precario, caso umano da sbattere in prima pagina e da compiangere. Testimonianza lagnosa e vittimistica, mai possessore di parola e di proposte. Quante volte la Rete si è sentita chiamare da questo o quel giornale, da questa o quella televisione, perché serviva un precario, possibilmente giovane, possibilmente donna, magari emigrato all’estero, sicuramente con indosso il camice bianco di un laboratorio scientifico (con l’implicito assunto che il barbone di un panciuto filosofo, magari allegro e sorridente, avrebbe giocato male alla causa della disperazione precaria. I filosofi si sa non servono a niente, soprattutto quelli che sorridono).